“Essere vent’anni” è una tensione costante, un fluire senza una direzione certa, un equilibrio fragile tra ciò che si è e ciò che si potrebbe diventare. È il tempo delle possibilità, ma anche dell’attesa; dell’impeto e del dubbio, in cui ogni scelta appare definitiva, e ogni strada ancora aperta. È un’età raccontata, mitizzata, ma mai del tutto compresa: uno spazio liminale in cui ogni esperienza sembra assoluta e ogni confine ancora da tracciare.
Andrea Zannoni indaga questa condizione attraverso immagini che non raccontano, ma suggeriscono; che non descrivono, ma evocano. La sua fotografia non offre risposte, ma invita a sostare nell’incertezza, a immergersi nel vuoto fertile del possibile. Attraverso una costruzione visiva essenziale e un bianco e nero calibrato, Zannoni frammenta il tempo, lo sospende, lo espande. Le sue immagini non cristallizzano un istante, ma ne restituiscono la vibrazione interiore: il cammino esitante, il pensiero che si fa materia, il presente che già sfuma nel ricordo.
Questa mostra è un attraversamento senza direzione imposta, un territorio aperto in cui luce e ombra non si escludono, ma si intrecciano. La solidità si dissolve nella fragilità, la presenza è sempre prossima all’assenza. Le immagini non costruiscono un racconto lineare, ma frammenti di un tempo in divenire, in cui il mondo esterno si riflette sulle superfici dell’anima senza mai restituire un significato univoco.
“Essere vent’anni” è un’esperienza sospesa tra ciò che è certo e ciò che sfugge, tra l’urgenza di andare e il timore di restare. È un viaggio in cui ogni spettatore può riconoscersi, perdersi, ritrovarsi. Perché a vent’anni non esiste una direzione definitiva, ma solo il brivido di ciò che ancora può accadere.
Andrea Zannoni nasce a Scandiano e cresce tra la pianura e la montagna reggiana. Per lui la fotografia è un atto di scoperta, una ricerca continua in cui lo stupore infantile deve rimanere intatto, capace di cogliere la bellezza nelle cose più semplici e inattese. Non si limita a documentare la realtà, ma la attraversa, cercando di restituirne il mistero, il non detto, le tensioni nascoste.
Il suo lavoro si muove tra intuizione e costruzione, tra progetti a lungo termine e folgorazioni improvvise. Ogni immagine è un equilibrio tra presenza e assenza, tra forma e vuoto, tra ciò che è visibile e ciò che sfugge alla percezione immediata. Non impone una lettura, ma apre possibilità, lasciando che ogni spettatore trovi nel suo lavoro un significato personale.
Ha esposto in numerose mostre personali, tra cui la mostra permanente al Castello di Rossena (attiva dal 2015), Venezia 1:1, Confini Dissolti (Fotografia Europea, Reggio Emilia), DoppiaEsposizione, Come sasso nella corrente e D’ombra e di luce. Ogni esposizione è per lui un’occasione per approfondire un tema, per sperimentare nuove narrazioni visive, per instaurare un dialogo con il pubblico, che considera parte essenziale del processo fotografico.
Nel suo lavoro, il tempo non è mai un istante fissato, ma un’onda che attraversa l’immagine e lo spettatore. Il suo bianco e nero non è sottrazione, ma un invito a vedere oltre, a rallentare, a lasciarsi attraversare dalle emozioni.