“Gaì”
Il pastore è un mestiere complesso nella sua semplicità. Fatto di terra, di vento, di cielo aperto, ma anche di situazioni da gestire.
Il pastore è un mestiere sempre nuovo nella sua antichità. La pioggia, gli spostamenti, le nuove nascite. Il _gaì_ è un gergo parlato dai pastori bergamaschi e bresciani. È come un codice, ormai quasi scomparso, comune tra tutti coloro che svolgevano un’attività in cui lo spostarsi era un elemento fondamentale come i pastori che praticavano la transumanza.
Matteo è tutto questo e molto di più.
È la sua scelta. Lui che, così giovane, ha deciso di continuare il mestiere di suo padre e di vivere metà dell’anno in transumanza, lontano da famigliari e amici.
Se guarda al suo futuro vede questa come l’unica strada che vuole percorrere, con l’amore e la passione dei vent’anni.
È la sua vita, tra la roulotte, notti sotto le stelle, mattine bagnate di rugiada e un salto nella sua casa di origine ogni tanto, per verificare che anche nell’altra parte del suo mondo tutto prosegua bene.
È il come trascorre il suo tempo affrontando l’imprevedibilità delle cose, tra la fatica, la solitudine e la soddisfazione per quello che fa, con dedizione, costanza e ascolto a ciò che accade.
È un’esistenza che molti definirebbero inusuale, forse persino anacronistica per un ragazzo giovane.
Ma alla fine questo sapere antico che continua a scorrere nelle sue mani giovani affascina e fa sognare.