Una moltiplicazione infinita e indefinita dell’io dell’artista, l’immagine del volto colta in
autoscatti realizzati come fototessere riveste tutta la superficie disponibile dando origine a
uno tsunami visivo che investe lo spettatore, colto dalla furia di queste decine di migliaia di autoritratti.
Il vuoto domina la stanza, solo le immagini si ripetono ossessivamente dando un senso di
disagio, arrivando fin quasi a nauseare e costruendo quello che l’artista definisce “un
tempio all’inutilità”, nella convinzione che queste immagini, riflesso dell’identità,
coincidano infine col nulla.
Mostra a cura di Rebecca Delmenico.